Sia Repubblica (sul blog di Antonio Cianciullo), sia il Corriere (lo incollo qui sotto) hanno dedicato in questi giorni spazio alle proposte di istituire anche in Italia zone 30, dove le auto non possono superare i 30 km all’ora. La moderazione del traffico prevede una serie di interventi, tra cui le zone 30, per aumentare la sicurezza di pedoni e ciclisti e decongestionare le nostre città dal traffico. In realtà sono esperienze già molto consolidate in Europa, ma anche in diverse città italiane: le emiliane (Ferrara, Modena, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini) ad esempio, ma anche in Lombardia (Bergamo – da cui è presa l’immagine -, Brescia, Lodi, Mantova), Piemonte (Torino, Asti) e Veneto (Padova, Verona, Venezia) e poi Savona, Grosseto, oltre a Roma di cui si parla nell’articolo del Corriere. Come sempre, per questo tipo di provvedimenti, sono poi essenziali i controlli. Ma l’idea di fondo, stupenda per me(!!!), è che le strade non sono delle auto, ma tutti gli utenti: pedoni, bici….le auto ci sono ma sono al pari degli altri!
Ps: le zone 30 sono anche uno dei parametri utilizzati per la classifica di Ecosistema Urbano di Legambiente a cui lavoro ad Ambiente Italia e che esce ad ottobre per il Sole 24 ore.
Dal Corriere della Sera del 31 aogsto 2009
LA PROPOSTA
Rientro nelle città (con limite a 30 all’ora)
Il piano di Roma, ma ci pensa anche la città di Bologna
A Milano in progetto nelle aree residenziali
ROMA — L’Elogio della lentezza passa dalle pagine dei romanzi alle delibere dei Comuni. Slow traffic . Traffico, lento, dolce, sapiente. Sembra lo slogan di un filosofia new age. È la nuova tendenza irresistibile di tante grandi città italiane. Gli automobilisti che rientrano dalle vacanze si troveranno di fronte a una bella sorpresa: fette di città con il limite di velocità fissato a 30 chilometri orari. In centro, fuori dal centro, nelle aree residenziali, nelle zone a traffico limitato, davanti alle scuole, davanti agli ospedali. C’è un’unica città che resiste come un baluardo: Firenze. Ci hanno provato negli anni ’80: i fiorentini hanno fatto cadere la giunta.
Federalismo stradale. Quello che permette ai Comuni di abbassare con un tratto di penna la velocità da 50 a 30 chilometri l’ora. Non per un ghiribizzo. Per un problema di sicurezza e di tutela delle utenze «deboli»: pedoni, ciclisti, motorini.Ci prova la Capitale. Il limite, come racconta l’assessore al Traffico, Sergio Marchi, riguarderà le vie perpendicolari al Lungotevere, tra corso Rinascimento e corso Vittorio Emanuele, le traverse del Tridente e le trasversali di via del Babuino e via Ripetta. Un limite che riguarderà anche i quartieri della movida dove il tasso alcolico fa premere sull’acceleratore: Testaccio e Trastevere. Detto in altri termini: in mezzo centro storico si dovrà andare a 30 all’ora.«Partiamo dal centro — conclude Marchi — ma intendiamo estendere il limite anche in periferia».
Roma non è l’antesignana. Ab illo tempore, fu Cattolica, la grande pioniera della «rotonda ». A metà degli anni ’90, con più di 200 interventi tra incroci rialzati, zone di accumulo e, appunto, rotonde, eliminò del tutto i semafori e dimezzò gli incidenti stradali. Ma le cosiddette «Zone 30» sono un’eredità straniera. Chambery, in Francia, considerata la città «più amica dei pedoni». Zurigo, in Svizzera, con 122 zone 30. Gratz, in Austria, che ha istituito il limite dei 30 in tutte le città.
E Milano? Torino? Bologna? Verona? Padova? Non stanno con le mani in mano. Le «Zone 30» sono delle vecchie conoscenze. O quantomeno sono allo studio. Prendiamo il capoluogo lombardo. «Zone 30» esistono già come intorno all’Arco della Pace. Ma l’intenzione è quella di andare avanti con quelle che l’assessore della giunta di Letizia Moratti, Edoardo Croci, chiama aree residenziali. «Oltre alle aree completamente pedonali che abbiamo intenzione di allargare nelle zone storiche e dello shopping, oltre alle zone a traffico limitato, stiamo lavorando alle aree residenziali e creare le condizioni per cui chi non ci abita non ci passa». Zone con vocazione residenziale, appunto. Quindi non riguarderà il centro. La sperimentazione potrebbe riguardare tutta l’area limitrofa a quel grande asse commerciale che è Corso Buenos Aires.
Torino ha già dato. Una porzione del quartiere di Santa Rita è rigorosamente «Zona 30». «E ci sono altre circoscrizioni che stanno lavorando per sperimentare la zona a velocità limitata. Un quartiere periferico e uno vicino al centro» spiega l’assessore di Sergio Chiamparino, Maria Grazia Sestero. «Ma facendo precedere la sperimentazione da un lungo confronto con tutti: dai cittadini, ai commercianti». Bologna, invece, potrebbe essere in dirittura d’arrivo. Tra quindici giorni l’assessore Simonetta Saliera incontrerà i quartieri per discutere il Piano Zona 30. «Può darsi che al termine di questo screening si arrivi a stabilire per alcuni punti sensibili e critici per la sicurezza, il limite dei 30 all’ora. Ma non in centro » .
Il Nord-Est è più avanti. «In tutta la zona a traffico limitato del centro storico — attacca il sindaco di Verona, Flavio Tosi — il limite è di 30 chilometri all’ora. Oltre al centro, anche qualche strada interquartiere. Funziona, ha dato buoni risultati e se ci fossero altre richieste estenderemo le zone». Ma Tosi vuole dare un consiglio al sindaco Alemanno: «Oltre ai cartelli, ci metta anche le pattuglie dei vigili con l’Autovelox ». Anche Padova conta esperienze d’antan: «Il centro storico è tutto pedonale — attacca il sindaco di Padova, Flavio Zanonato — e nella Ztl che lo circonda vige il limite dei 30. Abbiamo intenzione di estenderlo ad altri quartieri».
Firenze resiste, resiste, resiste. «Non pensiamo di inserire ulteriori limitazioni alla velocità nel centro storico» spiega l’assessore della giunta Renzi, Massimo Mattei. L’ultima volta ci provò un urbanista tedesco consulente del Comune. Il giorno dopo i giornali fiorentini regalarono un adesivo con scritto: «30 km? No grazie». Dopo poco tempo, cadde la giunta. Meglio non rischiare.
Lilli Garrone
Maurizio Giannattasio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
31 agosto 2009