Quanto è accaduto in questi giorni (e ancora sta accadendo) in Parlamento in merito alla “compravendita” di parlamentari mi ha ricordato l’interevento di Luciana Littizzetto che si chiedeva “Che cazzo aspettiamo fino al 14 dicembre?” in un monologo a Che tempo che fa di qualche settimana fa (lo pubblico sotto).
Le ragioni dell’attesa mi sembrano ora evidenti.
Non mi interessa più di tanto ritornare sullo scandalo di parlamentari eletti (anzi nominati) in una lista che saltano di qua e di là, né evidenziare il timore sulla possibilità di tenuta (e soprattutto di essere efficace, approvando leggi utili per il Paese) di un governo che ha 314 voti su 630 parlamentari.
Vorrei modestamente avanzare una considerazione sul PD (che mi sta più a cuore).
I numeri (ancora di più quelli del Senato: 162 maggioranza, 135 opposizione e 11 astenuti di Fini) dicono che il Governo di responsabilità nazionale (o come è stato chiamato) di cui tanto hanno parlato in queste settimane Bersani, Casini e Fini non ci sarà mai. È stato un inutile chiacchiericcio che ha dato l’impressione che il PD fosse disposto a tutto pur di non andare alle elezioni (sull’inutilità di questi mesi segnalo anche un articolo su il Post).
Allora a me piacerebbe che il PD la smettesse di inseguire il terzo polo e chiedesse invece con forza le elezioni, dedicandosi a costruire e lanciare il proprio progetto politico, la propria idea del Paese. Costruisse una sana alleanza di centrosinistra e scegliesse il candidato premier con le primarie.
Mi sembrerebbe tanto semplice. Ed invece, anche a leggere le dichiarazioni di D’Alema ieri e Bersani oggi, temo che non sarà così. Perderemo ancora un sacco di tempo, non ci faremo capire dai nostri elettori (ma mi dite come si può immaginare un’alleanza con quelli che per 16 anni sono stati con Berlusconi approvando tutte le leggi ad personam) faremo di tutto per non fare le primarie, facendo fare a Vendola la figura dell’eroe antisistema.
Fini strateghi loro. Noi solo cretini.
Ps: intitolando “e adesso” questo post ho scoperto di aver già usato questo titolo un’altra volta, era il 18 febbraio 2009.
Update: vedo che cose simili le dicono Civati, Lerner, Luca Sofri, Ivan Scalfarotto (1 e 2), Francesco Costa. I soliti insomma. La pensa diversamente invece Marco Bracconi su Repubblica.
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