Ciao Papà

In ricordo del mio Papà

L’ultima cerimonia in cui ho parlato pubblicamente era un matrimonio di due amici speciali (che oggi sono qui). Oggi ci provo ma non vi assicuro di essere in grado di finire questo ricordo.

Grazia sa, glielo lo dico ogni volta che lo vediamo in un film, che mi piacciono quelle cerimonie funebri americane in cui ci si ritrova in casa del defunto, non naturalmente per festeggiare, ma per ricordare la persona scomparsa e condividere l’affetto.

Da ieri è stato un po’ così e per questo voglio innanzitutto ringraziare tutti voi qui, e chi è passato da casa, per l’affetto che ci state dimostrando.

Vi chiedo di stare vicino soprattutto a Maria nei prossimi giorni, settimane. Lei è una roccia, lo sappiamo tutti, ma ne avrà bisogno.

I papà sono tutti, o quasi, speciali; e lo dico non solo per difendere la categoria a cui orgogliosamente appartengo. Ma il mio papà, il mio papà…, lasciatemelo dire, lo è stato in modo particolare. Tutti sapete che senza di lui semplicemente non sarei stato. E senza Maria.

Di te conserverò, conserveremo, tanti ricordi:

  • le città con la P e Barcellona;
  • i tuo foglietti con la penna e la matita;
  • il gusto del bello e la tua gentilezza (in tanti me lo hanno ricordato);
  • i bicchieri che si servono sempre con i sottobicchieri;
  • il piacere di visitare i musei;
  • la curiosità per il mondo che mi avete attaccato, con Maria, e il desiderio di viaggiare;
  • la tua intransigenza morale, la rettitudine etica e il senso di giustizia;
  • i libri; l’ultimo che mi hai fatto ordinare, eri ancora in ospedale, “Il popolo perduto – Per una critica della sinistra” già dice da chi ho preso il mio impegno;
  • La Repubblica che leggevi tutti i giorni;
  • la casa sempre aperta, con quelle feste di Natale;
  • la tua capacità di tenere unita tutta la famiglia di origine, i tuoi fratelli e i tuoi nipoti (Tonino e Marcella, Ernesto, Massimo e Mariapaola) che infatti oggi sono tutti qui; quella famiglia in cui hai accolto da subito Grazia;
  • il whisky che tenevo sempre in casa per te;
  • i tuoi biglietti scritti e disegnati a mano che ci mandavi in ogni occasione o ricorrenza, anche dall’ospedale;
  • gli struffoli, ma piccoli (!);
  • i pacchi che aprivi delicatamente con il coltello per staccare lo scotch e non rovinarli…e ci mettevi 2 anni;
  • la tua passione per il lavoro e l’architettura;
  • quando bambino mi portavi nel tuo ufficio al Pirellone;
  • il tuo essere spiritoso ed ironico, ma anche molto riservato;
  • la tua testardaggine e gli scontri che abbiamo avuto; Maria che mi diceva sempre: “Sì, fa niente; non ti preoccupare; non dirgli niente”;
  • il poker da Silvana e Danilo, con me sul divano a dormire dopo aver giocato al Commodore64.

E potrei continuare….

La piscina Faustina, che hai progettato, e il mio orgoglio di averci portato i miei figli, i tuoi nipoti, a nuotare. Il tuo amore infinito per Marta e Luca e la voglia che avevi sempre di vederli. Se loro saranno solo un centesimo di te, non potrei sperare di meglio per loro.

Proprio domenica sera, l’ultima volta che ci siamo visti, mi hai detto: “Della malattia sono contento che hai riiniziato a parlarmi delle tue cose”. Ti ho risposto che non avevo mai smesso, ma che siamo sempre scioccamente presi dalla quotidianità. Ma forse avevi ragione tu…e così ci perdiamo però quello che conta davvero.

E poi, so che non ha senso, ma in questi ultimi mesi sono scomparsi alcuni dei tuoi amici migliori e tuo fratello: ecco, mi piace immaginarvi parlare in napoletano con Bruno, chiacchierare di architettura con Luigi e giocare a carte con zio Gennaro.

Ciao Papà, se c’è un paradiso per gli architetti, tu sarai lì.

PS: ringrazio Matteo Brunello per il prezioso articolo su Il Cittadino del 26 febbraio 2019.

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